La Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla classificazione di un intervento di ristrutturazione, nell’ambito della vertenza sorta fra l’Amministrazione comunale ed il proprietario di un immobile vincolato ai sensi del Codice dei beni ambientali e del Paesaggio, su cui erano stati realizzati interventi di ristrutturazione senza la preventiva richiesta del permesso di costruire.
Nel caso specifico, il Comune aveva rilevato la presenza di un abuso edilizio, sanzionato con la demolizione ed il ripristino della situazione precedente. A tale decisione si era opposto il proprietario, motivando la mancata richiesta del permesso di costruire sulla base del carattere pertinenziale dell’ampliamento, non superando, quest’ultimo, il 20% del volume dell’edificio principale (Testo unico dell’Edilizia).
I giudici della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4139/2018, hanno stabilito che la costruzione realizzata con l’ampliamento costituisce parte integrante dell’edificio principale. Quest’ultimo, di conseguenza, risulta essere un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, cui è stata alterata la volumetria complessiva.
Secondo la Cassazione, mancando l’autonomia dell’ampliamento rispetto all’edificio principale, viene meno il requisito fondamentale per cui una costruzione possa essere considerata pertinenziale. Pertanto, tale tipo di intervento deve essere classificato come “ristrutturazione edilizia”, ed occorre, quindi, occorre la richiesta del permesso di costruire.