Gli edifici abusivi sono sempre a “rischio” demolizione. Anche se sono passati molti anni dal momento della loro costruzione. Il Consiglio di Stato con la sentenza 3351/2018 ha affermato che il tempo non può sanare una situazione illegittima.
Edifici abusivi, demolizione sempre possibile
I giudici hanno ricordato che l’illecito edilizio ha natura permanente. Un immobile interessato da un intervento illegittimo conserva nel tempo la sua natura abusiva e l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata non va mai in prescrizione.
L’interesse pubblico all’osservanza della normativa urbanistica ed edilizia e al corretto governo del territorio deve sempre prevalere sull’interesse del privato.
Il privato non può quindi far valere il principio del legittimo affidamento, cioè la convinzione di essere nel giusto a causa della prolungata inerzia della Pubblica Amministrazione.
Demolizione abusi edilizi, il caso
I giudici si sono pronunciati sul caso di un edificio abusivo realizzato in un’area vincolata. Il Tar aveva annullato l’ordine di demolizione del Comune sostenendo che l’abuso era stato commesso tra gli anni Sessanta e Settanta in una zona che all’epoca non era stata ancora sottoposta a vincolo.
Il Tar aveva riconosciuto il carattere abusivo del manufatto, che per le sue dimensioni e il tempo di utilizzo non poteva essere considerato precario, ma avrebbe potuto arrecare una trasformazione del territorio.
Il responsabile avrebbe dovuto di sicuro richiedere il permesso di costruire per procedere alla costruzione. Nel frattempo, essendo trascorsi molti anni, il Tar aveva deciso di tutelare il legittimo affidamento del privato.
Il Consiglio di Stato ha invece ribaltato la situazione spiegando che “l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né – ancora – una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare”.
Oltre a queste motivazioni di carattere normativo, il CdS ha rilevato che, fin dal 1935, quindi prima che l’abuso fosse realizzato, esistevano norme locali volte a regolare e controllare gli interventi edilizi, che obbligavano il privato a dotarsi di una licenza edilizia per poter realizzare un immobile.
Sulla base di questi motivi, l’ordine di demolizione del Comune è stato confermato.