venerdì 22 Novembre 2024
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Distanze, limiti solo per nuove costruzioni e zone già edificate

Revisione delle norme sulle distanze minime tra gli edifici, maggioranza sempre più convinta a intervenire in materia. Dopo i tentativi di modifica con il DM 1444/1968, e le prime bozze dei Decreti Sblocca Cantieri e Crescita (non andati a buon fine), il tema è stato riproposto da parlamentare del Movimento 5 Stelle con due emendamenti al ddl Sblocca Cantieri.
Il primo emendamento propone un’interpretazione dell’articolo 9 del DM 1444/1968 al fine di ridurre il consumo di suolo, favorire la rigenerazione e razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente (nonché la riqualificazione delle aree degradate). Prevede che le distanze minime tra fabbricati tra cui siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli, stabilite dall’articolo 9, siano applicate solo alle zone territoriali omogenee C, cioè quelle di completamento, destinate alla realizzazione di nuovi complessi insediativi.

In tutte le altre zone già edificate, quindi, decadrà l’obbligo (oggi vigente) di prevedere tra gli edifici distanze corrispondenti alla sede stradale maggiorate di ml. 5 per lato per strade di larghezza inferiore a ml. 7; ml. 7,50 per lato per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15; ml. 10 per lato per strade di larghezza superiore a ml. 15.
Per evitare eccessive speculazioni, l’emendamento chiarisce che le ricostruzioni successive a demolizioni saranno consentite nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume, nei limiti dell’altezza massima dell’edificio demolito.

Un ulteriore emendamento (il numero 5.15), presentato da M5S e Gruppo Misto, mira a limitare le liberalizzazioni introdotte dal Decreto Legge Sblocca Cantieri con la modifica al Testo Unico dell’edilizia.

Il Decreto Legge (DL 32/2019), lo ricordiamo, prevede come necessaria, non più solo facoltativa, l’approvazione da parte di Regioni e Province autonome di deroghe al DM 1444/1968 in materia di limiti di densità edilizia, altezza e distanza tra fabbricati, e deroghe in materia di standard urbanistici. Per questo obiettivo, con una modifica all’articolo 2-bis del Testo Unico dell’Edilizia (Dpr 380/2001) prevede che Regioni e Province autonome adottino apposite norme e regolamenti, cui i Comuni dovranno adeguarsi nelle previsioni dei propri strumenti urbanistici.

Si tratta di una misura che lascia ampia discrezionalità agli Enti locali e potrebbe provocare una eccessiva diversificazione delle norme sulle distanze a livello locale. Per evitarlo, l’emendamento propone che il limite di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, contenuto all’articolo 9, comma 1, numero 2 del DM 1444/1968, sia sempre applicabile nella realizzazione di nuovi edifici. Il testo dà anche una definizione di nuovo edificio: “edifici o parti e/o sopraelevazioni costruiti per la prima volta e quelli oggetto di abbattimento e ricostruzione ricostruiti senza il rispetto della sagoma preesistente e dell’area di sedime”.

Nella progettazione bisognerà preferire le soluzioni che consentono di limitare il consumo di suolo. Per questo si dovrà preventivamente verificare la possibilità di riutilizzare il patrimonio immobiliare esistente e di rigenerare le aree dismesse.

Le novità sono contenute in due emendamenti (1.11 testo 2 e 1.40 testo 2) approvati dalle Commissioni Lavori Pubblici e Territorio del Senato. Le norme modificano l’articolo 23 del Codice Appalti sui livelli di progettazione e, in particolare, il comma 5 che indica i requisiti del progetto di fattibilità tecnica ed economica.

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