L’Amministrazione non è tenuta a risarcire i danni causati da una calamità naturale ad un immobile abusivo. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 20312/2019.
Nel caso preso in esame, i locali utilizzati da un professionista per l’esercizio della sua attività erano stati danneggiati da un’esondazione di acqua e fango causata da una falla presente nelle tubazioni per la raccolta dell’acqua piovana.
Il professionista aveva chiesto un risarcimento al Comune e, dopo un contenzioso, la Corte d’Appello aveva imposto all’Amministrazione il pagamento del 66% dell’importo dei danni per il locale al primo piano e del 34% per quello al piano terra. La riduzione del risarcimento era stata decisa dopo aver accertato che il proprietario aveva realizzato l’immobile danneggiato come ampliamento abusivo di un edificio preesistente.
I locali colpiti dall’esondazione erano stati costruiti senza attenersi alle regole dell’arte e posizionati in adiacenza della strada comunale, risultata in cattive condizioni di manutenzione. Per questi motivi, i giudici della Corte d’Appello hanno stabilito che tra il proprietario ed il Comune ci fosse un concorso di colpa.
Il Comune si è rivolto quindi alla Cassazione, mettendo in evidenza la natura totalmente abusiva delle parti dell’immobile costruite in ampliamento della costruzione preesistente, le uniche ad essere investite dall’esondazione. Per questo, l’amministrazione escludeva il diritto al risarcimento da parte di chi aveva commesso gli abusi.
La Cassazione ha dato ragione al Comune ribaltando la sentenza della Corte d’Appello. I giudici hanno spiegato che l’Amministrazione è tenuta alla manutenzione degli impianti e all’adozione di accorgimenti per evitare che il deflusso anomalo delle acque possa causare danni ingiusti ai cittadini.
La presenza di una irregolarità costruttiva, si legge però nella sentenza, aggrava gli obblighi della PA. Per questi motivi la Cassazione ha rivalutato le responsabilità dei soggetti coinvolti e negato il risarcimento del danno.