In tema di abusi edilizi, è ormai pacifico che la prescrizione operi solo in ambito penale e non amministrativo, per cui in caso di accertamento la PA è obbligata a disporre la demolizione. Pertanto l’ordine di demolizione del giudice ha natura di sanzione amministrativa e configura un obbligo imposto per ragioni di tutela del territorio: non è soggetto quindi alla prescrizione quinquennale stabilita per le sanzioni amministrative e, proprio per la sua natura di sanzione amministrativa, non si estingue neppure per il decorso del tempo di cui all’art. 173 cod. pen.
Ma tutto ciò premesso, da quando decorre il tempo per la prescrizione del reato di abuso edilizio?
Una risposta al quesito viene dalla Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44510 del 31 ottobre scorso, con cui viene rigettato il ricorso presentato per la riforma di una decisione della Corte di appello che aveva condannato il ricorrente per i reati di cui agli artt. 44, comma 1, lett. b), 93, 94 e 95 del DPR 6 giugno 2001, n. 380 (c.d. Testo Unico Edilizia) per aver realizzato, in assenza di permesso di costruire (e comunque in difformità da un’autorizzazione ottenuta in sanatoria) ed in violazione delle prescrizioni per la costruzione di opere in zona sismica, un ampliamento dell’abitazione per 16,70 mq., costituito da tettoia chiusa sui lati con pareti in muratura e vetrate non amovibili.
Nella trattazione gli ermellini hanno ricordato due principi ormai consolidati che riguardano:
il reato urbanistico, per cui la natura precaria delle opere di chiusura e di copertura di spazi e superfici per le quali l’art. 20 della legge Regione Sicilia n. 4 del 2003 non richiede concessione e/o autorizzazione va intesa secondo un criterio strutturale, ovvero nel senso della facile rimovibilità dell’opera, e non funzionale, ossia con riferimento alla temporaneità e provvisorietà dell’uso, sicché tale disposizione, di carattere eccezionale, non può essere applicata al di fuori dei casi ivi espressamente previsti;
i reati in materia antisismica, per cui le disposizioni previste dagli artt. 83 e 95 del Testo Unico Edilizia si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica, la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità e per le quali si rende pertanto necessario il controllo preventivo da parte della P.A., a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché, addirittura, dalla natura precaria o permanente dell’intervento.
In riferimento alla presunta prescrizione del reato richiesta dal ricorrente, la Suprema Corte ha ribadito il principio per il quale il ricorrente che intende retrodatare la data di prescrizione ha l’onere di fornire prova dell’ultimazione del manufatto. Inoltre, ai fini del decorso del termine di prescrizione, l’ultimazione dei lavori che segna il dies a quo coincide proprio con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni, che comprendono anche gli intonaci.
Reati edilizi: per la prescrizione, occorre provare la data di ultimazione dei lavori
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