L’ultimo monitoraggio sulle Politiche di coesione della Programmazione europea 2014-2020, con i dati aggiornati al 31 ottobre 2021, rappresenta un vero e proprio campanello d’allarme: l’Italia (e le regioni del Mezzogiorno in modo ancor più marcato) stanno accumulando rallentamenti e ritardi pesantissimi nell’attuazione dei vari programmi, ed è di giorno in giorno più concreto il rischio che risorse vengano disimpegnate o addirittura revocate.
“Distratti dal Pnrr, che ha cronoprogrammi attuativi estremamente più stringenti – commenta presidente di Federcepicostruzioni, Antonio Lombardi – si stanno perdendo di vista, o comunque trascurando, le altre opportunità europee di finanziamento e le altre programmazioni. Registriamo ritardi molto pesanti e inconcepibili, nell’utilizzo ed ancor più nei pagamenti”.
Il quadro più preoccupante emerge dall’analisi dei dati relativi allo stato di attuazione dei Programmi complementari di Azione e Coesione 2014-2020 ancora fermi – a quasi due anni dalla scadenza – al 13,28% degli impegni e al 6,93% dei pagamenti. Vale a dire che dei quasi 14 miliardi di investimenti previsti, ne sono stati investiti meno di due.
Preoccupanti anche i dati del Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC) (47,5 di risorse programmate), che al 31 ottobre scorso registra impegni fermi ad appena il 24,92% e pagamenti al 9,39%.
Il POR 2014-2020, che ingloba FESR e FSE registra, nelle regioni meno sviluppate, un trend leggermente migliore ma non meno allarmante: lo stato di avanzamento, sempre al 31 ottobre scorso, è all’84,9% ma i pagamenti sono fermi ad appena il 53,55%. Una media sostenuta dalla Puglia, che è la regione più efficiente (122,53% di avanzamento e pagamenti al 71,97%); altre realtà, come Campania e Calabria, registrano situazioni molto più preoccupanti. La prima è ferma ad un avanzamento del 67,87% (e pagamenti al 46,75%), la seconda registra un migliore andamento sullo stato di avanzamento (69,44%) ma leggermente peggiore nei pagamenti (46,14%).
Anche nelle regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna) la situazione non è migliore: Impegni ancora fermi all’81,2% e pagamenti al 55,11%.
Se si allarga l’analisi ai fondi SIE (che inglobano oltre a FESR e FSE anche FEASR e FEAMP, per un totale di risorse programmate che sfiora gli 86 miliardi di euro) il quadro è ancor più disastroso: al 31 ottobre scorso, a quasi due anni dall’intervenuta scadenza, gli impegni sono ancora fermi al 63,54% e i pagamenti al 43,17%.
“Ci sono casi e situazioni eclatanti – commenta ancora il presidente Lombardi – sulle quali s’impone una riflessione, ancor più oggi: penso ad esempio all’obiettivo tematico 09 del POR delle regioni in transizione, destinato a combattere la povertà e ogni discriminazione. In tempi di così pesante crisi, registra impegni fermi ad appena il 47,05% delle risorse, e nei pagamenti si supera a stento il 33%. Altro dato estremamente preoccupante è che invece nelle regioni più sviluppate, il trend di impiego delle risorse POR procede molto più speditamente. C’è insomma il rischio concreto che anche l’attuazione di questi programmi finisca per aggravare i divari territoriali, social ed economici, soprattutto tra il nord e il Mezzogiorno”.
Nelle regioni più sviluppate lo stato di avanzamento del POR (FESR+FSE) è infatti al 95,95% e i pagamenti al 68,54%.
“Urge una cabina di regia per un monitoraggio costante e un efficientamento nell’impiego e nella spesa di tutte le risorse incagliate– commenta ancora il presidente Lombardi – per evitare una perdita di opportunità che, in questo momento di estrema difficoltà legata sia ai postumi della pandemia che al conflitto bellico in corso, suonerebbe davvero come una beffa”.