Se il termometro segna 35° effettivi o percepiti si potrebbe non andare a lavoro. Per le aziende è infatti possibile richiedere all’Inps la cassa integrazione ordinaria in caso di temperature sopra i 35 gradi o con una temperatura inferiore per chi lavora su asfalti stradali, sui tetti o in luoghi con elevato tasso di umidità.
Inps e Inail hanno diffuso le linee guida per prevenire le patologie da “stress termico”, oltre a un decalogo elaborato dall’Inail, nel quale si parla di riorganizzazione dei turni di lavoro, di favorire le pause e rendere accessibili le aree ombreggiate. Anche l’afa eccessiva rientra dunque tra gli “eventi meteo” per accedere alla cassa integrazione in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa causata dalle temperature elevate. La misura era già stata adottata lo scorso anno.
Nel 2022 dei 61.672 decessi in Europa a causa del caldo, 18.010 sono avvenuti solo in Italia. Basti pensare che il New York Times ha ribattezzato Roma ‘The infernal City”, mentre nei pronto-soccorsi italiani arriva il “codice calore”. A pagare il prezzo più alto sono certamente le fasce più deboli della popolazione ma anche i lavoratori eccessivamente esposti al caldo infernale di questi giorni, come registrato dagli ultimi fatti di cronaca.
A Lodi un uomo di 44 anni ha accusato un malore mentre stava lavorando in strada sotto il sole. È poi morto in ospedale.
Il clima è una causa di incidente e anche di morte. C’è la cassa integrazione, la sospensione del lavoro e le accortezze che si possono mettere in cantiere.
Stop al lavoro se il termometro supera i 35 gradi
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