La Commissione europea ha finalmente dato il via libera al decreto italiano che incentiva la costituzione delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e la diffusione dell’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili.
Lo ha comunicato il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica.
Si tratta di un’autorizzazione attesa da diversi mesi: il decreto è stato annunciato un anno fa, messo in consultazione pubblica, poi inviato alla Commissione europea e modificato su richiesta di Bruxelles.
Il decreto con gli incentivi per le Comunità Energetiche Rinnovabili – spiega il Ministero – è incentrato su due misure: una tariffa incentivante sull’energia rinnovabile prodotta e condivisa e un contributo a fondo perduto.
L’incentivo in tariffa:
– è rivolto a tutto il territorio nazionale: dal piccolo comune alla città metropolitana;
– comporterà un risparmio sui costi dell’energia per chi costituisce una Comunità;
– costituirà tariffa incentivante sull’energia condivisa;
La potenza massima agevolabile e pari a 5 Gigawatt entro il 31 dicembre 2027.
Il contributo a fondo perduto:
– è rivolto ai territori dei Comuni sotto i 5.000 abitanti;
– copre fino al 40% dell’investimento per chi crea una Comunità Energetica;
– attinge a risorse PNRR pari a 2,2 miliardi di euro (sono agevolabili almeno 2 Gigawatt fino al 30 giugno 2026);
– è cumulabile con l’incentivo in tariffa.
Gli incentivi per le Comunità Energetiche Rinnovabili riguardano tutte le tecnologie rinnovabili, quali ad esempio il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse.
Per le Comunità Energetiche Rinnovabili, i destinatari del provvedimento possono essere gruppi di cittadini, condomìni, piccole e medie imprese, ma anche enti locali, cooperative, associazioni ed enti religiosi. La potenza dei singoli impianti non può superare 1 Megawatt.
“Le Comunità Energetiche Rinnovabili potranno diventare una realtà diffusa nel Paese – ha commentato il Ministro Gilberto Pichetto -, sviluppando le fonti rinnovabili e rendendo finalmente il territorio protagonista del futuro energetico nazionale. Grazie alle CER, infatti, ciascun cittadino potrà contribuire alla produzione di energia rinnovabile, e averne i benefici economici derivanti dall’autoconsumo, pur non disponendo direttamente degli spazi necessari alla realizzazione degli impianti FER”.
Ma come si costituisce una Comunità Energetica Rinnovabile? Lo step iniziale per la realizzazione di una CER – spiega il Ministero – è l’individuazione dell’area interessata alla costruzione dell’impianto e della cabina primaria. Segue l’atto costitutivo del sodalizio, che dovrà avere come oggetto sociale prevalente i benefici ambientali, economici e sociali.
Il soggetto gestore della misura è il GSE, che valuterà i requisiti di accesso ai benefici ed erogherà gli incentivi e che, su istanza dei soggetti interessati, potrà eventualmente verificare l’ammissibilità in via preliminare.
Di Comunità Energetiche Rinnovabili si è occupato l’Energy & Strategy Group del PoliMI nella ricerca “Comunità Energetiche Rinnovabili in Italia” commissionata da MCE – Mostra Convegno Expocomfort e presentata due giorni fa.
Le CER – abilitando l’installazione di nuovi impianti a fonte rinnovabile e consentendo a chi non ha un’area idonea per investire in un impianto di fruire di energia a fonte rinnovabile con benefici anche di carattere economico – rappresentano una importante novità.
Lo studio ha fotografato la situazione attraverso la mappatura delle iniziative, la tipologia di soggetti promotori, la forma di finanziamento e la potenza degli impianti tipici attuali e in formazione: in Italia a oggi sono presenti circa 104 configurazioni in autoconsumo collettivo, suddivisi in 74 gruppi di autoconsumatori e 30 comunità di energia. Considerando le iniziative ancora in fase progettuale, il numero raggiunge i 198 progetti.
L’incremento risulta sostanziale rispetto ai dati rilevati gli anni precedenti (33 iniziative mappate nell’anno 2021), ma notevolmente al di sotto delle stime. L’attesa di un quadro normativo-regolatorio definitivo ha posto un freno alla diffusione delle configurazioni di comunità energetiche rinnovabili e autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, portando a una sostanziale stagnazione del numero di iniziative a oggi in essere sul territorio nazionale.
Il nuovo decreto di incentivazione, che ha incassato il via libera di Bruxelles, dovrebbe dare l’input a nuove iniziative.
“Analizzando la distribuzione geografica – ha spiegato il prof. Vittorio Chiesa, Presidente del Comitato Scientifico di MCE -, la Sicilia risulta essere la regione con il maggior numero di comunità energetiche, seguita da Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna. L’Umbria e la Valle d’Aosta sono le due regioni con il minor tasso di affluenza. Trattandosi delle prime iniziative – in attesa del completamento del quadro normativo – ci aspettiamo che tale distribuzione potrà cambiare e, soprattutto, che assisteremo alla realizzazione di numerosi nuovi progetti”.
I ricercatori spiegano che le Regioni, in quanto enti pubblici, possono emanare provvedimenti normativi ad hoc e possono giocare un ruolo importante al fine della diffusione delle CER e di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente.
L’analisi evidenzia come la maggior parte delle Regioni italiane (14 in totale) abbiano già nel 2021 e 2022 emanato provvedimenti regionali in merito ad autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e comunità energetiche rinnovabili (sia in relazione alla disciplina sperimentale e transitoria o ai decreti legislativi 199/21 e 210/21). Contestualmente, o in momenti successivi, tali Regioni hanno anche stabilito in che modo e con quale ‘intensità’ le stesse intendano supportare la diffusione delle configurazioni. In tal senso, è stato identificato come diverse Regioni supportino solo alcune fasi del processo di creazione delle suddette configurazioni, mentre altre supportano tutte le attività di costituzione, progettazione e realizzazione delle stesse.
La ricerca fornisce informazioni aggregate anche riguardo alla tipologia di soggetti promotori, la forma di finanziamento e la potenza degli impianti tipici delle CER attuali e in formazione.
Soggetti promotori: nel 44% dei casi le comunità energetiche vengono promosse con l’ausilio del Comune presente sul territorio, in qualità di ente aggregante. Nei casi restanti i promotori sono soprattutto aziende con forte capillarità territoriale.
Tipologia dei finanziamenti: in attesa del decreto alla base dei nuovi livelli di incentivi, le tipologie di finanziamento prevalentemente utilizzate sono fondi nazionali ed europei oppure una combinazione di questi ultimi. Nel seguito sono comunque riportate le diverse modalità.
Potenza degli impianti [kW]: oltre il 70% delle CER considerate utilizza impianti per una potenza complessiva sotto i 200 kW. Il solare fotovoltaico come fonte rinnovabile per la produzione di energia elettrica è presente nel 100% delle iniziative analizzate. Altre tecnologie di produzione, quali idroelettrico, biomasse ed eolico, sono utilizzate in combinazione al fotovoltaico.
Riguardo la taglia degli impianti, la ricerca sottolinea che le configurazioni già attive, conformi al Decreto Milleproroghe che ne limita la potenza a 200 kW per impianto, sono mediamente di poco superiori ai 100 kW. Le iniziative in fase progettuale tendono a creare comunità basate su impianti nell’ordine del megawatt, sfruttando appieno le potenzialità prospettate dalla nuova normativa. Infine, il 25% dei casi analizzati riportano la presenza di piattaforme software e di monitoraggio, dimostrandone l’importante contributo apportato; nell’8% dei casi è presente un sistema di accumulo.
“Le comunità energetiche rappresentano un’interessante novità, dalla quale ci si attende un contributo significativo alla diffusione delle energie rinnovabili. In base al Piano Nazionale dovrebbero contribuire nella misura di 5-7 GW” – sottolinea il prof. Chiesa.
Oltre al beneficio economico diretto di cui godono i membri della Comunità Energetica Rinnovabile, vanno considerati:
– la variazione del volume d’affari delle tecnologie abilitanti;
– la creazione delle configurazioni;
– la variazione del volume d’affari alla produzione dell’energia elettrica;
– le ricadute fiscali associate all’incremento del volume d’affari per i fornitori di tecnologie e alle detrazioni per gli investimenti degli utenti privati;
– l’incentivazione esplicita relativa alle tariffe incentivanti sull’energia condivisa;
– la restituzione delle componenti della tariffa relative a oneri di trasmissione e distribuzione sull’energia condivisa internamente alla configurazione.
“Possibilità di tramutare benefici economici in benefici sociali. La Direttiva europea pone l’accento su questi ultimi (e sulla lotta alla povertà energetica) come principali obiettivi da raggiungere” – conclude Chiesa.
Comunità Energetiche Rinnovabili, via libera della Commissione: in arrivo gli incentivi
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