Nel settore degli appalti, l’impresa esecutrice ha l’obbligo di realizzare l’opera a regola d’arte, impiegando tutte le risorse necessarie per garantire un risultato conforme e sicuro. Questo principio si applica anche quando l’appaltatore segue un progetto fornito dal committente: se il piano presenta errori o carenze, l’appaltatore deve segnalarli, altrimenti è responsabile dei difetti dell’opera.
Se, invece, il committente è consapevole dei problemi del progetto ma impone comunque l’esecuzione, l’appaltatore non è più responsabile, poiché diventa un mero esecutore senza margine di valutazione.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione esaminando un caso recente (ordinanza n. 969/2025), riguarda un impianto di aspirazione di fumi industriali che non rispettava i requisiti ambientali. In primo grado, il Tribunale di Ancona aveva ritenuto responsabile l’appaltatore per la mancata installazione dei sistemi di abbattimento delle emissioni, considerati essenziali. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva ribaltato la sentenza, sostenendo che la responsabilità spettava al committente, il quale aveva fornito le specifiche tecniche e approvato il lavoro in fase di collaudo.
La Cassazione ha accolto il ricorso, sottolineando che la Corte d’Appello non aveva adeguatamente motivato la sua decisione e non aveva indicato una norma che esonerasse l’appaltatore dalla sua responsabilità contrattuale. Secondo la Suprema Corte, l’appaltatore ha comunque il dovere di verificare eventuali criticità e non può considerarsi un semplice esecutore privo di responsabilità.
Questo caso ribadisce un principio fondamentale negli appalti: la diligenza dell’appaltatore è sempre necessaria e non si esaurisce nell’eseguire fedelmente un progetto, ma richiede anche la capacità di individuare e segnalare eventuali problemi.